Cappella Madonna del Carmine

La cappella costituisce un gioiello del barocco milanese.

In origine dedicata a Santa Apollonia, venne riedificata per celebrare la devozione al Sacro Scapolare, la cui diffusione venne rilanciata dalla Scuola dell’Abito del Carmelo, fondata da San Simone Stock nel 1251.

Furono i deputati di questa Scuola ad avviare nel 1673 i lavori su progetto dell’architetto milanese Gerolamo Quadrio, che fu anche architetto della Fabbrica del Duomo di Milano e che dal 1673 al 1676 si occupò della trasformazione della cappella.

Il Quadrio manifesta qui una nuova forma di barocco, più libera e movimentata rispetto a quella tradizionale lombarda, più controllata e geometrica.

La Cappella costituisce in effetti un ambiente tutto particolare, esteticamente in contrasto con l’austerità architettonica della chiesa ma di fatto esprimente con il gusto dell’epoca la stessa devota venerazione per la Vergine.

La cappella è composta da due vani: il coretto dei fedeli a pianta quadrata e la cappella del clero a pianta centrale.

Nel primo ordine i due vani sono rivestiti di marmi colorati e neri con capitelli dorici bianchi, mentre nel secondo ordine risaltano i dipinti (1616-1619) del pittore tardomanierista emiliano Camillo Procaccini con cornici a stucco.

Ambedue i vani sono coperti da cupole decorate poggianti su tamburi, e nella zona absidale, definita da lesene ioniche sulle pareti, sono collocati l’altare con la statua della Madonna del Carmine.

La stupenda decorazione barocca a stucco fu eseguita in seguito al rifacimento del Quadrio in armonia con il rivestimento marmoreo.

Nel coretto dei fedeli, Camillo Procaccini ed aiuti sviluppano una specie di itinerario di preparazione dei fedeli all’incontro con Maria attraverso la prefigurazione di Maria nell’Antico Testamento (nelle quattro tele del secondo ordine), la pratica delle virtù (nei pennacchi della cupola), la riflessione sulle profezie (profeti e sibille raffigurati nella cupola) e la preghiera (nella lanterna).

Le quattro tele di Camillo Procaccini, opere mature del grande pittore databili tra il 1616 ed il 1619, presentano temi mariani legati all’Antico Testamento: a sinistra in basso La Danza di David mentre l’arca dell’Alleanza viene trasportata dai sacerdoti a Gerusalemme, e più sopra Il sogno di Giacobbe (la scala di Giacobbe) dove il patriarca è reso con efficace effetto prospettico; a destra in basso Giuditta con la testa di Oloferne, con in primo piano la giovane ebrea e la sua anziana serva mentre si intravede nella tenda il corpo inanimato di Oloferne e sullo sfondo l’accampamento assiro, e più sopra Ester ed Assuero, che raffigura il coraggio della regina ebrea nel tentativo di salvare il suo popolo.

Nei pennacchi che sostengono la cupola sono rappresentate quattro virtù: l’innocenza (giovane incoronata nell’atto di lavarsi le mani), la temperanza (giovane che regge in mano il giogo), la fortezza (giovane che abbraccia una colonna spezzata), la carità (giovane con il turibolo e la fiamma sul capo).

Nella cupola sono incastonate altre quattro tele raffiguranti due profeti e due sibille, mentre nella lanterna La Vergine orante completa il percorso catechistico.

Nella cappella del clero Camillo Procaccini svolge una vera e propria apologia di Maria: le due tele della Presentazione di Maria al tempio (a sinistra) e dello Sposalizio di Maria (a destra) ripropongono temi ormai classici ma con spiccato cromatismo e sobrietà compositiva. Gli altri due dipinti intendono esaltare l’Assunzione di Maria: le due tele simmetriche infatti raffigurano gli Apostoli che guardano in cielo, con lo sguardo che si perde nella cupola dove tra gli stucchi con un rigore compositivo ed una leggerezza che ricordano il Correggio, Camillo Procaccini ha affrescato Angeli Musicanti e più in alto nella lanterna La Vergine assunta, portata in cielo dagli angeli.

Gli affreschi sui pennacchi della cupola della cappella del clero sono opera dei primi decenni del ‘700 del pittore Stefano Legnani, detto il Legnanino, tra i maggiori pittori milanesi del tardo barocco lombardo. Questi affreschi raffigurano le virtù di Maria: la verginità (giovinetta con l’alicorno), l’umiltà (giovinetta che accarezza l’agnello e calpesta col piede la corona), la carità (giovinetta che abbraccia un fanciullo), la sapienza (giovanetta con il viso e le mani protese verso l’alto).

L’altare, realizzato su progetto di Gerolamo Quadrio, è collocato tra due statue di angeli, quello di destra in atto di spiccare il volo e rivolto verso Maria, quello di sinistra, leggermente inclinato e rivolto verso l’ingresso della cappella.

La mensa è retta da due putti alati, coperti da un panneggio svolazzante, e sotto di essa al centro è collocato lo stemma della Vergine sormontato da una corona. Il tabernacolo, sormontato da due putti alati recanti in mano il calice e la croce, ha una porticina in metallo cesellato e sbalzato decorata con l’anagramma di Cristo.

Il ciborio è costituito da quattro colonne tortili corinzie con trabeazione e cupola decorata esternamente di volute e recante in alto come fastigio il simbolo della Madonna.

All’interno del ciborio, sopra una nuvola è collocata la statua della Madonna con Bambino, detta Madonna del Carmine, mentre due angeli in volo la stanno incoronando. La Madonna, avvolta in un ricchissimo panneggio, tiene in braccio il Bambino che protende il braccio con lo scapolare.

Le statue in marmo di Carrara della Madonna, degli angeli e dei putti sono state eseguite intorno al 1676 dallo scultore di scuola barocca Giovanni Battista Maestri, detto il Volpino, che fu attivo anche presso il cantiere del Duomo.


Opera di bottega milanese sempre del periodo di rifacimento della cappella è la balaustrata in marmo policromo mentre il cancelletto in ferro battuto è prodotto di manifattura locale del XIX secolo.