Le piante, con la loro presenza silenziosa e potente, svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere la vita sulla Terra.

Sono le principali produttrici di ossigeno e la loro presenza migliora la qualità dell’aria, assorbendo anidride carbonica e altri inquinanti, contribuendo a mitigare i cambiamenti climatici.

Inoltre, le piante svolgono un ruolo essenziale nell’equilibrio degli ecosistemi naturali, fornendo habitat e cibo per la fauna selvatica e aiutando a prevenire l’erosione del suolo. La presenza di piante, giardini e spazi verdi migliorano anche il benessere mentale e fisico delle persone.

Fin dai tempi antichi le piante venivano usate come fonte di cibo, per scopi medicinali, per l’edilizia e l’abbigliamento. Molte piante hanno avuto anche un’importanza religiosa, spirituale e culturale; nella religione cristiana, per esempio, svolgono ruolo importante attraverso il loro simbolismo, l’utilizzo nelle cerimonie e le loro associazioni con storie e concetti religiosi.

La consapevolezza è il primo passo verso la preservazione. È importante quindi conoscere le piante che ci stanno attorno per una consapevolezza delle loro caratteristiche, per poterle curare, apprezzare e conservare.

Quest’iniziativa si propone, quindi, di promuovere la conoscenza delle piante che si trovano nel chiostro della Chiesa del Carmine. In ogni pianta si può trovare un cartellino esposto contenente il nome e un QR code che riporta a questa pagina dove si possono trovare le informazioni principali e curiosità della pianta. È un’attività molto semplice e divertente che si può far fare anche ai più piccoli per scoprire insieme curiosità sui nostri amici verdi.

 

Acer Palmatum

 

Originario dell’Asia, presenta foglie palmate di vari colori, da verde brillante a rosso intenso, che si trasformano in sfumature autunnali spettacolari. Ha un significato culturale e simbolico in Giappone, dove è associato alla longevità e alla prosperità.

Le foglie dell’acero, appartenenti al genere Acer, sono altamente riconoscibili per la loro forma palmata, simile a una mano aperta con dita allungate. Queste foglie possono avere margini lisci o dentati, e il numero di lobi varia tra le specie. Le dimensioni e il colore delle foglie cambiano con le stagioni, spesso trasformandosi in sfumature di rosso, arancione o giallo.

Sciroppo d’acero

Lo sciroppo d’acero è un prodotto dolce e aromatico derivato dalla linfa degli alberi d’acero, in particolare dall’acero da zucchero.

È un prodotto dalle mille proprietà benefiche: è ricco di minerali e antiossidanti, integratore naturale per gli sportivi, ha un effetto depurativo per l’organismo, aiuta il sistema digerente e quello intestinale ed ha proprietà antinfiammatorie. Viene inoltre utilizzato come dolcificante nella preparazione nei dolci. Tutti lo avrete sentito nominare associato ai famosi pancakes americani.

 

Austrocylindropuntia Subulata

 

É una pianta succulenta nota per i suoi steli cilindrici sottili e le spine appuntite che crescono da piccole areole lungo gli steli. Originaria delle regioni desertiche del Sudamerica, questa pianta produce fiori gialli o cremisi lungo i margini dei suoi segmenti di steli. È una pianta ornamentale resistente, spesso coltivata in giardini rocciosi o in vasi.

Circa 2000 anni fa, le spine dell’ago di Eva venivano usate dagli indigeni del Perù per cucire. Questo utilizzo testimonia la versatilità delle piante del deserto e la creatività delle comunità indigene nell’utilizzare le risorse disponibili per soddisfare le loro esigenze quotidiane.

 

Laurus Nobilis

 

Profumato e dalla lunga storia, l’alloro è da sempre un simbolo di gloria e vittoria. Nome scientifico laurus nobilis, fa parte della famiglia delle lauraceae, ed è una pianta che arriva dall’Anatolia e dalle regioni del mar Mediterraneo. Questo arbusto sempreverde può raggiungere un’altezza di otto metri e presenta foglie di un verde scuro con forma ovale. I fiori, che fioriscono fra marzo e aprile, sono piccoli e di colore giallo, mentre i frutti sono delle bacche di colore nero e forma ovale.

L’alloro è fra le piante più antiche, considerato, soprattutto nell’antica Roma e nell’antica Grecia, come simbolo di vittoria e pace. I suoi rami, sia durante le gare sportive che in campo militare, venivano intrecciati per creare delle corone da posizionare sul capo dei vincitori in segno di stima e riconoscimento. Al termine dei giochi, chi si era distinto riceveva una corona di alloro che proveniva dalla Valle di Tempe, in Tessaglia.

Le competizioni erano aperte anche ai poeti e coloro che ricevevano la corona di alloro venivano nominati “poeti laureati”, ossia persone degne di stima. Per questo accanto al termine “laurus” veniva posto quello “nobilis”. L’alloro, nell’antica Grecia, era la pianta consacrata ad Apollo, dio della poesia e della musica. Apollo era considerato anche il signore di Delfi e il primo dei sei templi eretti nella città in suo onore venne costruito proprio usando dei rami di alloro. Non solo: la pianta venne consacrata anche ad Asclepio, figlio di Apollo e dio della medicina. Per questo motivo per vari secoli la pianta venne utilizzata come cura per numerose malattie, in particolare la peste.

La nascita dell’alloro fra storia e leggenda

Secondo una leggenda narrata da Ovidio, Apollo, dio del Sole, si vantava con Cupido, dio dell’Amore, di essere riuscito a uccidere il serpente Pitone. Nel raccontarlo il dio derideva le armi di Cupido, ossia frecce e arco. Risentito dal suo comportamento, il dio lo colpì con una freccia d’oro, capace di far innamorare a prima vista. Lo sguardo di Apollo, dopo essere stato colpito, si posò su Dafne, ninfa, figlia del dio Ladone e sacerdotessa di Gea. Quando Cupido scoprì che Apollo si era innamorato di Dafne, colpì la ninfa con una freccia di piombo per far scomparire l’amore. Così quando il dio dichiarò il proprio amore alla ninfa lei fuggì via, invocando l’aiuto dei genitori che la trasformarono in un albero di alloro. Da quel momento la pianta venne consacrata ad Apollo che viene raffigurato sempre con una corona di rami di alloro. Proprio per questo i contadini romani, per chiedere favori al dio Sole, erano soliti legare con un cordoncino rosso tre ramoscelli d’alloro, chiedendo che il dio facesse maturare il grano.

Ancora oggi esistono numerose usanze legate all’alloro. Ad esempio, una leggenda narra che mettendone alcune foglie sotto il cuscino si possono fare dei sogni profetici. Tenendo alcune foglie di alloro nella propria abitazione invece si favoriscono benessere e prosperità. Altre credenze popolari riferiscono che l’alloro riuscirebbe a proteggere dai fulmini. In generale è da sempre simbolo di prosperità, immortalità e vittoria.

 

Alta al massimo 2 metri, la ciliegia di Gerusalemme possiede foglie lanceolate, di colore verde lucido. I fiori bianchi, pentameri, di forma stellata, sbocciano a primavera e precedono bacche rotonde, inizialmente di colore verde, che sfumano poi nell’arancione ed infine nel rosso. Questa specie vive in genere dieci anni e dà frutti a partire dal secondo o dal terzo anno.

Qualche solerte Gesuita, probabilmente, si sarà affrettato a dare un nome di ispirazione biblica a questa specie originaria di tutta l’America Latina a clima tropicale umido (vegeta spontanea dal Messico meridionale fino all’Argentina del Nord…) È conosciuta con l’appellativo di “piccola mela dell’amore”, la “manzanita de amor” degli ispanici.

 

Fico, una delle sette piante della Terra Promessa

Il Ficus benjamina è un albero sempreverde originario delle regioni tropicali dell’Asia e dell’Oceania. Ha foglie verde scuro, lucide e lanceolate che conferiscono alla pianta un aspetto elegante. è conosciuto anche come ficus da appartamento o albero del caucciù, è una pianta da interni apprezzata per la sua elegante foglia verde scura e la relativa facilità di cura.

Oltre al suo valore ornamentale, il Ficus benjamina è noto per la sua capacità di purificare l’aria interna, assorbendo inquinanti comuni.

«Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni, e non c’è acqua da bere», Numeri 20,5.

Il fico è una delle sette piante della Terra Promessa, citato spesso nell’Antico e Nuovo Testamento. La sua origine risale probabilmente a 5000 anni fa, in un’area corrispondente all’Asia occidentale. Da allora le popolazioni nomadi hanno provveduto a diffondere i semi di fico da un luogo all’altro, a migliorarne la coltura e l’uso e a tramandarlo per lunghi secoli ai popoli mediterranei (Egizi, Greci, Romani). Papiri egiziani ne parlano come di una novità importata dalla Siria e lo ritenevano un elemento importantissimo per l’alimentazione del popolo. Il suo frutto, consumato fresco, seccato, pressato, accompagnava l’uomo durante le lunghe peregrinazioni, mentre la fronda offriva riparo dai cocenti raggi del sole. Era inoltre usato come medicamento, legno per il fuoco ed era simbolo di fertilità e prosperità, di felicità terrena e ultraterrena.

 

Limone Citrus

 

Il limone (Citrus limon) è una pianta sempreverde appartenente al genere Citrus, famiglia delle Rutacee. Disponibile tutto l’anno, è un agrume dalle mille proprietà, ottimo dissetante, aromatico, ricco di vitamine, minerali, oli essenziali, antiossidante efficace, un buon alleato per le difese immunitarie: insomma un super frutto.

Ripercorrere nel tempo il viaggio del limone significa entrare nella storia dei popoli che lo hanno scoperto e diffuso. Occorre tornare indietro di millenni alle prime civiltà dell’Indo, spostarsi in Cina (e siamo al 2500 a.C.), andare a visitare i giardini pensili di Babilonia, raggiungere la Media (l’attuale Iran) ed ancora la Palestina, l’Egitto, la Grecia, partecipare alle spedizioni di Alessandro Magno, arrivare alla Roma imperiale. Poi intorno all’anno Mille i limoni furono utilizzati dagli Arabi come piante ornamentali ed introdotti nell’Italia meridionale tra il X e il XII secolo, ma anche i crociati, di ritorno dalle guerre sante, importarono le piante di limoni, mentre il suo utilizzo in cucina risale al XVIII secolo.

Nella mitologia greca, Gea, la dea Terra, per onorare le nozze tra Era e Zeus produsse degli alberi dai pomi d’oro, emblema di fecondità e amore. Giove, nel timore di un loro possibile furto, decise di custodirli in un meraviglioso giardino, sorvegliato dalle Esperidi. L’undicesima fatica d’Ercole fu proprio quella di riuscire a trafugare i pomi d’oro dal giardino segreto. La presenza dei limoni nel mondo romano fu confermata non solo da Plinio il Vecchio, ma anche dall’affresco della Casa del frutteto e nel mosaico della Casa del Fauno a Pompei e dalle 38 piante di limone in vaso trovate nella villa Oplonti di Torre Annunziata.

 

Melograno Punica Granatum

 

L’albero del melograno, noto come Punica granatum, produce frutti caratterizzati da una buccia spessa e dura che nasconde chicchi succosi e dolci. Questi alberi prosperano in climi caldi e secchi, anche se possono adattarsi a climi temperati. Durante l’inverno, perdono le foglie. La corteccia è grigia e liscia quando giovane ma diventa rugosa col tempo.

Nelle antiche tradizioni ebraiche il melograno è abbondantemente presente, ad esempio come ornamento delle vesti dei sacerdoti, mentre il numero di arilli era considerato equivalente alle virtù di cui la persona era dotata. La tradizione ebraica insegna che la melagrana è un simbolo per la giustizia, perché si dice che abbia 613 semi che corrispondono ai 613 comandamenti della Torah. Per questo motivo, ed altri ancora, molti ebrei mangiano melagrane.

È anche simbolo di fratellanza, abbondanza e prosperità: i puntali delle colonne del Tempio erano, non a caso, a forma di rimonim (melograno in ebraico). La liturgia ebraica, in occasione della festa di Rosh ha-shanah (Capodanno), usa consumare alcuni alimenti simbolici, che accompagna con preghiere di buon augurio per il nuovo anno. Tra questi cibi vi é la melagrana, su cui la benedizione recita: “……I nostri meriti siano numerosi come i semi del melograno”.

Il melograno è una delle poche immagini che appaiono sulle monete antiche della Giudea, come un simbolo sacro. Alcuni studiosi ebraici ritengono che sia stato proprio il melograno il frutto proibito del giardino dell’Eden.

Del melograno se ne parla nella Bibbia come una delle sette meraviglie, uno dei frutti che la terra promessa produce in abbondanza, garantendo la vita: la terra donata da Dio è ricca perché “terra di frumento, di orzo, di fichi e di melograni; terra di ulivi, di olio e di miele” (Dt 8, 8 ). Insieme all’uva e ai fichi, la melagrana è anche il frutto che i dodici esploratori, dopo aver ispezionato la terra nella quale stavano per entrare e verificare che Dio aveva mantenuto la sua promessa, portano a Mosè: “Giunsero fino alla valle di Escol e là tagliarono un tralcio con un grappolo d’uva, che portarono in due con una stanga, e presero anche melagrane e fichi” (cfr. Num 13, 23). In quanto segno della benedizione di Dio, il melograno decora le vesti del Sommo sacerdote: “Farai sul suo lembo melagrane di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto, intorno al suo lembo, e in mezzo disporrai sonagli d’oro: un sonaglio d’oro e una melagrana, un sonaglio d’oro e una melagrana intorno all’orlo inferiore del manto” (Es 28, 33-34). Il libro del Siracide ricorda la gloria sacerdotale che Dio conferisce ad Aronne: “Lo avvolse con melagrane e numerosi campanelli d’oro all’intorno” (cfr. Sir 45, 9). Il melograno adorna, pure, i capitelli del Tempio venendo ad indicare la benedizione che scaturisce dall’alleanza con Dio. Il re Salomone “Fece dunque le colonne e due file intorno a ciascun reticolo per rivestire i capitelli che erano sulla cima, e così fece per il secondo capitello. I capitelli sulle due colonne si innalzarono da dietro la concavità al di là del reticolo e vi erano duecento melagrane in file intorno a ogni capitello” (in 1 Re 7, 18.20; cfr. Ger 52, 22). Il melograno raggiunge una grande carica simbolica nel libro biblico che canta lo splendore dell’amore fedele: il Cantico dei Cantici dove é simbolo dell’amore fecondo e dell’intensa relazione tra l’amato e l’amata. La bellezza dell’amata, colma di vitalità, é descritta dalla melagrana: “come spicchio di melagrana è la tua tempia dietro il tuo velo” (cfr. 4,3.; 6,7). Persino nel giardino, luogo dell’amore, fioriscono i melograni. Lo sposo che cerca la sposa va a vedere se nel giardino sono sorti i germogli (cfr. Ct 6,11). L’amato scorge nel melograno, il cui frutto ricco di semi e di colore rosso simbolo del fascino dell’amore, che la sua amata è sposa feconda, piena di vita, portatrice di felicità.

Inoltre è segno dell’abbondanza dei doni della grazia di Dio, è segno della Chiesa: tanti piccoli e buoni semi tenuti insieme da un frutto solo. Come il grana multa una Hostia. Il succo di melagrana è un’autentica spremuta di salute, dal momento che contiene vitamine C e del gruppo B, potassio e polifenoli antiossidanti. Il cristiano perciò nel mondo è con la Chiesa “antiossidante”, ha cioè il compito di essere sanante per la società. La melagrana figura in diversi dipinti a carattere religioso. In particolare diversi pittori del XV e del XVI secolo raffigurano il Bambino Gesù con in mano una melagrana, che, per i suoi frutti rossi, raffigura la passione che dovrà subire e la vita nuova che ne scaturisce.

Le melagrane sono un motivo ricorrente nelle decorazioni religiose cristiane e figurano in molti dipinti religiosi del calibro di Sandro Botticelli (Fig. 2) e Leonardo da Vinci. Per via dell’aspetto il frutto spesso si trova in molte raffigurazioni nelle mani della Vergine Maria o di Gesù Bambino. Il frutto, rotto o aperto, è il simbolo della pienezza di Gesù, della sua sofferenza e resurrezione.

Molti dei significati simbolici attribuiti nel corso dei secoli al melograno (fecondità, alleanza, unione, amicizia, concordia) permangono ancora oggi in molti Paesi.

 

Oleandro Nerium Oleander

 

L’oleandro (Nerium oleander) è una pianta arbustiva sempreverde appartenente alla famiglia delle Apocynaceae, unica specie del genere Nerium.

L’origine dell’oleandro è asiatica ma naturalizzato nelle regioni mediterranee, dove ormai cresce spontaneo. Negli ultimi anni viene coltivata spesso nei giardini e terrazze dei laghi in tutta Italia e nel nord Italia.

L’oleandro è una pianta molto diffusa, per la sua bellezza e per l’aspetto decorativo del fogliame sempre verde.

Secondo i vangeli apocrifi, ad ognuno degli uomini che ambivano ad ottenere la mano della Vergine fu consegnato un ramo secco di oleandro. Miracolosamente, solo quello di Giuseppe fiorì e dunque la scelta ricadde su di lui: da quel momento la pianta fu denominata “mazza di San Giuseppe”.

In antichità si credeva che l’oleandro fosse originario della Colchide, un’antica regione caucasica ritenuta patria della magia, da cui proveniva Medea, figura ambigua della mitologia greca. Nel V secolo a.C. lo storico ateniese Senofonte riferiva la vicenda di alcuni soldati inebriati e avvelenati da oleandri dai fiori rossi mentre, secondo il botanico Teofrasto di Ereso, la radice della pianta macerata nel vino rendeva il temperamento dell’uomo più dolce e allegro.

Oggi è noto che la pianta, ampiamente utilizzata per fini ornamentali, e popolarmente conosciuta come “ammazzalasino”, contiene principi altamente tossici. Alcuni dei suoi componenti sono tuttavia impiegati a scopo terapeutico per stimolare l’azione del cuore.

 

Ortensia Hydrangea Macrophylla

 

L’Hidrangea conosciuta per lo più come Ortensia è una pianta molto antica, apparsa per la prima volta in Giappone nel XVII sec. e importata poi in Europa nel 1700. Rinomata per le sue innumerevoli sfumature e presente in molti giardini, l’Ortensia è una pianta rustica, rampicante o arbustiva, ed è resistente alle basse temperature. La pianta inoltre possiede diversi fusti robusti con foglie dentate o lobate e fiori, raggruppati in infiorescenze semi-sferiche, dette corimbi o pannocchie, che possono essere di diverse tonalità. Il genere hidrangea comprende più di un centinaio di specie, tra queste troviamo: la lacecap con infiorescenze simili a pizzi; H. arborescens con fiori candidi in corimbi piatti; H. quercifolia dal fogliame colorato e inciso.

Etimologia: Per quanto riguarda il termine Ortensia si racconta che fu il botanico francese Philibert Commerson che, durante una delle sue esplorazioni nel 1771, diede il nome alla pianta dedicandola alla principessa Hortense de Nassau. Il termine botanico, Hidrangea, invece, è l’unione dei due termini greci antichi hýdros (acqua) e angéion (vaso) per la preferenza della pianta per i luoghi umidi e per la particolare forma delle capsule contenenti i semi, simili a degli otri.

 

Pittosporum Tobira

 

Originario dell’Estremo Oriente, il pittosforo, la Pittosporacea Pittosporum tobira, è un arbusto o un piccolo albero sempreverde, alto fino a 2-5 m, con rami corti, appressati fra loro. Regge bene alla potatura, per cui viene largamente utilizzato nelle regioni a clima temperato per la formazione di siepi in posizione riparata. Lasciato crescere, viene sfruttato per alberature di viali e giardini.

Le foglie, coriacee, ovali, ristrette alla base ed arrotondate all’apice, hanno la pagina superiore di colore verde molto scuro e lucida, quella inferiore verde chiaro e opaca. In qualche varietà le foglie sono marginate di bianco.

A maggio, i fiori colore giallo crema (o bianco) e riuniti in infiorescenze a pannocchia, spandono nell’aria un gradevole profumo simile a quello dell’arancio.

 

La rosa canina è un arbusto selvatico noto per i suoi fiori rosa o bianchi e i frutti chiamati cinorrodi, ricchi di vitamina C e trovano impiego nella preparazione di marmellate, sciroppi, tè e integratori alimentari. a rosa canina ha anche una tradizione di utilizzo in erboristeria per trattare disturbi come raffreddori, influenza e problemi gastrointestinali. Questa pianta cresce in habitat vari, come boschi e terreni incolti, ed è apprezzata per i suoi fiori profumati e colorati.

La rosa canina rappresenta tenerezza e dolore insieme, simbolo dell’amore, ma anche poesia e indipendenza

Viene menzionata persino nella Bibbia: sembra che Giuda utilizzò proprio l’albero di rosa canina per suicidarsi; ancora, la corona di spine di Gesù era presumibilmente realizzata con i rami di questo arbusto.

 

Le sue origini sono messicane, predilige il sole ma tollera anche la mezza ombra, quando il clima è asciutto. Ha una costituzione robusta, ha bisogno di pochissime cure e i suoi fiori sono gialli.

É una pianta ricadente, ovvero i suoi steli ricadono verso il basso, quindi per questo la si usa molto sui balconi. Capita spesso che un rametto si stacchi (da solo, per il vento o altro) e trovi il posto ideale per far nascere le radici (talea). In città, infatti, guardando in alto sui cornicioni degli edifici, è possibile vedere dei piccoli gruppetti di piantine nate in questo modo.

Il nome “Sedum” deriva dalla parola latina “sedo,” che significa “calmare” o “lenire,” probabilmente riferendosi alle proprietà curative tradizionali delle piante del genere Sedum.

Il Sedum palmeri, come molte altre piante succulente, può essere tossico per gli animali domestici se ingerito. Anche se non è tra le piante più velenose, contiene sostanze chimiche irritanti che possono causare disagio gastrointestinale e altri sintomi negli animali.

 

Ulivo Olea europaea

 

L’ulivo è una pianta dalla foglia verde-argento con foglie lanceolate e persistenti. Produce frutti chiamati olive, che variano in dimensione e colore. Le radici dell’ulivo sono profonde, il tronco è nodoso e la corteccia spessa. Questa pianta produce fiori bianchi o gialli e richiede impollinazione per produrre olive. L’olio d’oliva, estratto dalle olive, è rinomato per il suo sapore e i benefici per la salute. Gli ulivi sono noti per la loro resistenza alla siccità e la loro eccezionale longevità, alcune piante superano i 1.000 anni. L’ulivo è anche un simbolo di pace ed è ampiamente coltivato nelle regioni mediterranee.

L’albero dell’ulivo, tipico delle culture del Vicino Oriente, nella Bibbia è simbolo di pace, fecondità, benessere, benedizione. La prima citazione dell’ulivo nella Bibbia appare alla fine del racconto del diluvio quando la colomba porta a Noè, come segno di pace, un ramoscello di olivo (cfr. Gen 8,9).

Dio si era riconciliato con l’umanità peccatrice e tutta la terra, rigenerata dal perdono e nella pace, tornava a fiorire. L’ulivo è uno dei sette prodotti simbolo della ricchezza della terra promessa: «II Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile, paese di frumento, di orzo e di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele» (Dt 8,8; 2 Re 18,32). L’ulivo è un bene che va condiviso con i poveri: «Quando bacchierai i tuoi ulivi, non tornerai indietro a ripassare i rami: saranno per il forestiero, per l’orfano e per la vedova» (Dt 24, 20).

Nei libri profetici – in particolare Geremia – l’ulivo è simbolo dell’identità di Israele: «Ulivo verde, maestoso, era il nome che il Signore ti aveva imposto» (Ger 11,16). Il profeta Osea descrive la fertilità e la gioia della sposa infedele, ricondotta da Dio alla fedeltà, nei simboli dei germogli di ulivo: « Metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano» (Os 14,6a-7). La bellezza dell’olivo significa benessere e fecondità.

Nel periodo postesilico l’olivo diviene segno di speranza. II profeta Zaccaria vede un candelabro d’oro con in cima un recipiente con sette lucerne e sette beccucci per le lucerne. Due olivi gli stanno vicino, uno a destra e uno a sinistra (cfr. Zc 4,1a-3). I due olivi rappresentano il re Zorobabele di stirpe davidica e Giosuè, sommo sacerdote. Questi personaggi definiti «figli dell’olivo» simboleggiano il sommo sacerdozio (Giosuè) e la regalità (Zorobabele): la comunità postesilica vive una nuova speranza. Il sacerdozio, infatti, media il perdono rendendo possibile l’accesso a Dio e la regalità davidica ricostruisce il Tempio dove Dio si rende presente e il popolo gli presta il culto dovuto.

I salmi presentano i credenti come olivo verdeggiante: «Ma io, come olivo verdeggiante nella casa di Dio, confido nella fedeltà di Dio in eterno e per sempre» (Sal 52,10) e i figli del credente sono ‘virgulti d’ulivo’ perché segno di benessere e ricchezza (cfr. Sal 128).

L’apostolo Paolo ricorre alla metafora agricola dell’albero buono e di quello cattivo prendendo in considerazione i rami dell’olivastro e i rami dell’olivo per determinare le relazioni tra israeliti increduli e gentili credenti con un paragone logicamente strano ma adatto ad esprimere la capacità di Dio di realizzare l’impossibile: l’integrazione dei pagani – olivo selvatico – nella salvezza (Rom 11, 16b-23) senza rinnegare che Israele è la radice santa che ci porta (v.18) perché a lui sono state fatte le promesse di Dio che sono irrevocabili.

Il simbolo dell’olivo come pace, fecondità, benedizione si riferisce anche a Gesù. Accolto a Gerusalemme con rami di alberi (Mt 21,9) e di palma (Gv 12,13) prima di morire «se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi» per pregare (Lc 22,39-42). La sua preghiera profonda avviene nel Getsemani che significa frantoio dell’olio: «Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani» (cfr. Mt 26,36; Mc 14,32). Nel Getsemani Gesù sarà torchiato e spremuto come si spremono le olive. Egli è l’olivo verdeggiante dalla cui donata sgorga la pace, la riconciliazione, la risurrezione.

 

La Yucca gigantea, comunemente conosciuta come Yucca gigantea o Yucca senza spine o anche tronchetto della felicità, è una sorprendente pianta succulenta nativa del Messico e dell’America Centrale. Questa specie di yucca presenta una rosetta di foglie spesse a forma di spada che possono crescere fino a quasi un metro di lunghezza e sono tipicamente verdi o bluastre.

La Yucca gigantea produce alte spighe floreali eleganti che possono raggiungere altezze di 3- 6 metri, portando grappoli di fiori a forma di campana di colore bianco-crema. È una pianta robusta e resistente alla siccità, per wuesto è anche chiamata ‘pianta guerriera’.

È stata tradizionalmente utilizzata dalle popolazioni indigene delle Americhe per scopi pratici: le sue foglie resistenti sono state usate per fare cesti, corde e persino abiti. Gli indiani Navajo chiamavano questa pianta “soaptree yucca” perché utilizzavano le radici e le foglie per fare un sapone naturale per la pulizia e il lavaggio.

La falena dell’Yucca (Tegeticula yuccasella) è una piccola farfalla notturna che si è evoluta in stretta associazione (associazione simbiontica) con le piante di Yucca, compresa la Yucca gigantea, questa farfalla è l’unica pollinatrice.

È considerata un simbolo della fortuna in particolare nelle culture del sud-ovest degli Stati Uniti e in alcune tribù dei nativi americani.