La Sacrestia Artistica

La sacrestia artistica, che affianca un lato del chiostro, fu costruita nel 1480, probabilmente su progetto dell’architetto Pietro Antonio Solari, attivo a Milano tra il 1450 ed il 1493 nei cantieri del Duomo, di San Pietro in Gessate e Santa Maria delle Grazie, ed incaricato dal 1456 di dirigere i lavori di ricostruzione della chiesa di Santa Maria del Carmine parzialmente crollata nel 1446.

La sacrestia ha pianta rettangolare e presenta, come altre costruzioni dell’epoca, un lato doppio dell’altro (m. 16,80 x 8,40). Il soffitto è a volta ribassata e lunettata con ai quattro spigoli una singolare soluzione ad ombrello. In origine il vano era illuminato da otto finestre simmetriche (quattro per parte sui lati lunghi). Una di esse è stata chiusa per collocare una tela raffigurante Sant’Andrea Corsini, santo dell’Ordine carmelitano.

L’attuale pavimento della sacrestia con motivo a riquadri è in massello di legno, in sintonia con l’armadiatura ma il pavimento originario era in elementi di cotto (cm. 22 x 42) e, dopo il 1692, l’attuale pavimento venne sovrapposto al pavimento più antico (visibile all’interno degli armadi e nel locale accessorio alla sacrestia). Nella parte centrale, a causa dell’avvallamento del precedente pavimento, lo strato di legno è fissato su quello in cotto con appositi arpioni in ferro battuto, conficcati direttamente nel pavimento preesistente.

Il prezioso tabernacolo in legno e pietre dure incastonate oggi collocato sopra l’altare maggiore della chiesa del Carmine, era precedentemente situato nella sacrestia.

L’attuale arredamento della sacrestia in legno di noce nero è stato realizzato tra il 1692 e il 1700 su disegno dell’architetto milanese Gerolamo Quadrio (l’architetto autore della trasformazione della Cappella del Carmine) intorno al 1692. L’esecuzione dei lavori si deve alla bottega dell’intagliatore valtellinese Giovanni Quadrio, già operante a Milano e quasi senz’altro imparentato col più noto Gerolamo.

L’armadiatura, che riveste completamente le pareti fino ad un’altezza di m. 4,90 salvo dove si aprono le otto finestre, costituisce una splendida opera in stile barocco, a tratti quasi barocchetto.

I mobili destinati a contenere le suppellettili liturgiche si articolano nelle due pareti laterali secondo la medesima tipologia: al centro due grandi armadi a tutta altezza, molto profondi e con le porte decorate nella parte superiore da bassorilievi (otto formelle finemente intagliate) si alternano a banconi con soprastante alzata a due ante; in corrispondenza dei quattro angoli, l’arredo ligneo segue l’andamento a 45° della lunetta della volta e presenta quattro porte a vetri con un solo battente: tre danno accesso ad armadi a muro e una, sul fianco destro dell’altare, porta ad un locale di disimpegno della sacrestia.

Gli armadi sono divisi e scanditi ma nello stesso tempo collegati in modo armonico ed unitario tra loro attraverso festoni ed intrecci di disegni e putti, sempre intagliati in legno.

Sopra gli armadi sono posti busti lignei di presuli e di principi, mentre agli angoli sono collocati quattro medaglioni femminili sostenuti da putti.

Lo sguardo d’insieme ci trasmette l’effetto di uno spazio barocco suggestivo e fantastico: gli intagliatori della bottega di Giovanni Quadrio, ispirati dalla genialità e fantasia dell’architetto Gerolamo Quadrio, ci hanno lasciato un ambiente quasi surreale in cui gli aspetti architettonici, scultorei e prospettici si fondono magistralmente secondo i canoni dell’”arte globale” barocca. Rimaniamo ammirati e, nello stesso tempo, confusi ed estasiati da questo complesso armonico di statue lignee a tutto tondo di putti e busti, armadiature possenti ed eleganti con intagli raffinati, formelle in bassorilievo ed ancone in altorilievo. Sembra quasi di trovarsi immersi in quello che il Cardinale Carlo Maria Martini amava definire il “bello che salva il mondo”.

In effetti i due Quadrio (l’architetto ed il maestro intagliatore) sono riusciti a creare uno spazio artistico che porta con sé un messaggio spirituale ed esistenziale che siamo invitati a cogliere una volta accettato il “silentium” che ci viene indicato dalla scritta che domina l’entrata della sacrestia. Questo messaggio costituisce un itinerario nella spiritualità carmelitana attraverso il profeta Elia, che viene raffigurato nell’ancona sopra la porta di entrata, la Vergine del Carmelo, che troneggia sull’ancona dell’altare, il fondatore dell’Ordine Carmelitano San Simone Stock e la sua riformatrice Santa Teresa d’Avila.

Alcuni Particolari

Sopra l’entrata della sacrestia una formella polilobata raffigura il sacrificio di Elia sul monte Carmelo, cui sono legati l’ordine carmelitano e la Madonna del Carmelo. Si tratta della rappresentazione della famosa sfida tra il profeta ed i sacerdoti di Baal, narrata nel capitolo diciottesimo del Primo Libro dei Re. Il bassorilievo raffigura al centro un altare sul quale è posto un bue per il sacrificio. Assistono alla scena (a destra) una donna seduta a terra con un bambino ed un soldato, mentre dall’altro lato (a sinistra) un vecchio inginocchiato con vicini due soldati (una dei quali tiene in mano uno scettro) ed una donna della quale si vede solo il busto.

L’armadiatura presenta tre armadi sormontati da decorazioni a tutti tondo (putti e busti) per ogni lato lungo della sacrestia: due più piccoli ed un grande armadio al centro con ante adornate da formelle intagliate.

Le formelle presenti nella sacrestia raffigurano storie riguardanti l’Ordine carmelitano. L’equilibrio compositivo, la capacità di creare con pochi tratti lo sfondo e la raffinatezza del modellato che presenta passaggi graduali di volume, fanno di queste formelle dei capolavori.

Guardando l’entrata dall’interno, sopra la porta a vetri nell’angolo a destra, una formella rappresenta Sant’Andrea Corsini che guarisce il cieco di Avignone; sulla destra è rappresentato un altro frate e due fanciulli e sullo sfondo si notano un albero ed il profilo di una costruzione.

Dall’altro lato, sopra la porta a vetri nell’angolo a sinistra, un’altra formella altrettanto raffinata rappresenta Santa Teresa, con il manto che le ricopre il capo, inginocchiata mentre è in preghiera davanti a Gesù Bambino che le sta offrendo le Confessioni di Sant’Agostino. La scena è ambientata in un locale definito da un arco ribassato, in parte coperto da una tenda raccolta a sinistra. Tra le nuvole si intravedono teste di cherubini, mentre ai piedi della Santa un putto presenta un cesto.

Sempre con riferimento alla storia dell’Ordine carmelitano, un’altra formella sul grande armadio al centro del lato sinistro guardando verso l’altare, rappresenterebbe il battesimo di due nobili o di due mussulmani inginocchiati e riccamente vestiti: uno di essi è ritto a mani giunte, mentre l’altro piega il capo verso una bacinella; la scena è completata da due frati, di cui uno in atto di battezzare, da un anziano, di cui si vede solo il capo, e da una donna. La composizione è veramente raffinata e la scena si inserisce perfettamente nello sfondo architettonico solo abbozzato.

Sul grande armadio al centro del lato opposto le formelle raffigurano Santa Teresa che ritorna dalla madre ed un santo carmelitano che libera un’indemoniata.

Sopra la porta a vetri a sinistra dell’altare, una formella rappresenta Sant’Andrea Corsini che risana uno storpio, mentre nella formella sulla porta a vetri a destra dell’altare, è raffigurata l’apparizione del Signore ad un santo carmelitano.

Singolari sono i quattro medaglioni ovali collocati ai quattro angoli della sacrestia, incorniciati da foglie di quercia e sorretti da putti alati: secondo alcuni studiosi essi rappresenterebbero nobildonne benefattrici della chiesa e del convento del Carmine, mentre per altri le quattro virtù cardinali, raffigurate anche nella cupoletta della Cappella del Carmine all’interno della chiesa. La loro fattura è raffinata e leggiadra e costituiscono una testimonianza del gusto barocco di arricchire la fronte dei mobili di fastigi, statue e decorazioni. La bellezza e raffinatezza di esecuzione fanno di questi medaglioni, benchè parte della struttura complessiva, dei piccoli capolavori quasi a sé stanti.

L’altare occupa la parete di fondo di fronte alla porta d’ingresso: esso è costituito da una poderosa architettura lignea in stile tipicamente barocco con due colonne a tortiglione ed vari elementi decorativi tra i quali spiccano la sibilla cumana e la sibilla eritrea che sostengono due scritte: “Portas effringet Averni” e “Sibi erit Domini”. Questo apparato architettonico e scultoreo inquadra una prestigiosa ancona in legno scolpita ad altorilievo ed impreziosita in alcune parti dalla doratura, che è da considerarsi uno dei capolavori di Giovanni Quadrio, il quale lavorò ad essa per circa quindici anni. L’ancona, di forma polilobata e sormontata da una grande corona, raffigura la Vergine in gloria con Bambino seduta sopra una nuvola: mentre viene incoronata da un angelo, Maria offre l’abito carmelitano (lo “scapolare”) a San Simone Stock (fondatore dell’Ordine carmelitano) inginocchiato davanti a lei, mentre Gesù Bambino offre a Santa Teresa d’Avila (fondatrice dei “carmelitani scalzi” insieme a San Giovanni della Croce) una corona di rose. Lo scapolare da una parte e la ghirlanda di fiori dall’altra, significano la gratuità e la sublimità del “dono celeste” conferito ai due personaggi che in quest’opera vengono raffigurati insieme, quasi a significare la pacificazione dell’Ordine dopo le polemiche e le lotte che storicamente avevano contrapposto i “carmelitani calzati” con i “carmelitani scalzi”.

Lo sfondo neutro e la doratura contribuiscono a dare rilievo ed importanza alle figure. Alla base dell’ancona vi è la scritta a caratteri capitali dipinti su un cartiglio “DECOR CARMELI”, titolo dato a Maria dall’Ordine carmelitano.

Nel “paliotto” dell’altare, contornato da due statue di putti a tutto tondo, un altorilievo in noce rappresenta l’“estasi” di Santa Teresa d’Avila: Sant’Agostino plana sulla santa mistica spagnola in estasi e scrive nel cuore della santa il nome di Gesù; Teresa ha vicino a sé il libro delle “Confessioni” di Sant’Agostino, che fu determinante per la sua conversione. E’ chiaro il riferimento alla famosissima “Estasi di Santa Teresa” del Bernini.

La Spiritualità Carmelitana

La sacrestia del Carmine costituisce anche un itinerario nella spiritualità carmelitana, di cui possiamo identificare tre momenti.

La preistoria biblica

La spiritualità carmelitana trova il proprio fondamento nel significato che il Monte Carmelo in collegamento con la figura del profeta Elia, ha assunto nell’immaginario collettivo ebraico e biblico.

Elia ed il suo scolaro Eliseo rappresentano la grande fase profetica del Regno del Nord, che staccatosi da Gerusalemme, viveva continuamente il rischio di deviare nella idolatria e nell’adorazione delle divinità cananee.

Elia è il grande difensore della radicalità della religione ebraica, il personaggio centrale nella lotta contro le deviazioni politeistiche e le contaminazioni religiose esterne. Il “sacrificio sul Monte Carmelo”, che assume il significato della sfida tra le divinità fenice e cananee (Baal) ed il Dio di Israele, si conclude con il fuoco che scende dal cielo per consumare la vittima posta sull’altare sacrificale (rievocato dalla formella sopra l’entrata della sacrestia) ed la conseguente uccisione da parte del profeta di oltre quattrocento sacerdoti di Baal. Il Monte Carmelo rappresenta quindi il simbolo della radicalità della fede e della propagazione della vera fede.

Elia e il culto a Maria del monte Carmelo

Elia e Maria sono legati tra loro sulla base di un’antichissima lettura in chiave mariana di un racconto biblico, riportato nel capitolo diciotto del Primo Libro dei Re, dopo il massacro dei sacerdoti di Baal. La fine della siccità che ha colpito il nord della Palestina è annunciata ad Elia come “una piccola nube, non più grande del palmo di una mano”, nube in cui un’antica tradizione dei monaci vede la prefigurazione di Maria.

Sempre secondo questa tradizione, già all’inizio del terzo secolo sul monte Carmelo si erano stabiliti alcuni anacoreti cristiani, che poi divennero cenobiti e che, nel quarto secolo, costruirono vicino alla fontana di Elia una cappella dedicata alla Madonna, venerata come Maria del Monte Carmelo. Anche testimonianze archeologiche confermano questo antico culto mariano.

Il monte Carmelo, simbolo della radicalità della fede ebraica, diventa così anche luogo di culto privilegiato di Maria, Madre di Gesù.

La raffigurazione della Madonna del Carmine (sia nella bellissima statua della Cappella del Carmine che nella Sacrestia artistica), ha infatti come trono la nuvola della tradizione biblica di Elia.

Gli inizi dell’Ordine carmelitano e San Simone Stock

L’ordine carmelitano ebbe origine in Palestina, proprio sul monte Carmelo, da alcuni anacoreti e cenobiti che si erano moltiplicati durante l’epoca delle crociate. In seguito, con la rioccupazione mussulmana della Terra Santa, essi furono costretti ad abbandonare l’Oriente stabilendosi in Europa ed in particolare in Inghilterra, dove San Simone Stock, santo inglese vissuto nel XIII secolo e del quale abbiamo scarse notizie storiche, si aggregò ad essi. San Simone Stock divenne uno dei primi superiori generali dell’Ordine carmelitano di cui viene considerato il “fondatore”.

Grande devoto di Maria, chiese alla Madonna un segno di protezione speciale per il suo Ordine ed ebbe in dono lo “scapolare”. Secondo la tradizione carmelitana, Maria così disse a Simone Stock: “Prendi, o figlio dilettissimo, questo scapolare del tuo ordine, segno distintivo della mia Confraternita. Ecco un segno di salute, di salvezza nei pericoli, di alleanza e di pace con voi in sempiterno. Chi morrà vestito di questo abito, non soffrirà il fuoco eterno”.

Lo “scapolare”, come viene bene raffigurato dall’ancona del Quadrio, è una striscia di stoffa destinata a coprire tutto il corpo, sia davanti che dietro, e con un buco al centro dove infilare il capo: una specie di vestito, di corazza “mistica” che assicurava la salvezza. Non bisogna dimenticare che proprio in quegli anni si veniva sviluppando la teologia del “Purgatorio” e lo “scapolare” assume il significato di una sicura protezione, di assicurazione per la salvezza dell’anima e la liberazione dal Purgatorio.

La riforma carmelitana e Santa Teresa d’Avila

La grande mistica spagnola, nata nel 1515 e diventata monaca carmelitana nel 1536, ebbe una giovinezza caratterizzata da una lunga, sfibrante malattia e, soprattutto a partire dal 1557, da esperienze mistiche. Sempre a partire da questa data essa si dedicò alla riforma dell’ordine carmelitano femminile (le “Carmelitane scalze”) e maschile (i “Carmelitani scalzi”) con l’aiuto di San Giovanni della Croce e continuò a vivere esperienze mistiche sempre più profonde, con estasi sconvolgenti, che ponevano al centro del suo essere e del suo esistere la persona di Gesù.

La spiritualità carmelitana, quindi, si alimenta di queste tre sorgenti:

– la radicalità della fede (il profeta Elia),

– la centralità nell’esistenza e nella spiritualità del cristiano di Maria ed il suo aiuto per la salvezza

– la centralità appassionata di Gesù, come ce l’hanno trasmessa Santa Teresa d’Avila e San Giovanni della Croce.

La spiritualità carmelitana si trasforma in immagine ed arte nell’opera di Giovanni Quadrio diventando così “messaggio” per noi che rimaniamo ammirati e stupiti nella contemplazione del suo capolavoro.